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#interviste. Liliana Cavani, la regista di “Il portiere di notte” (1974). Lo sguardo, la donna

Scritto da il 10 Ottobre 2019

Ci incontriamo nel salotto di casa sua che affaccia sull’Isola Tiberina.

La luce gialla riscalda la stanza esaltando le sfumature del legno, lasciando fuori dalla finestra il primo freddo dell’autunno. Due grandi librerie percorrono due intere pareti racchiudendo, tra i dorsi dei libri, vecchi ricordi in bianco e nero.

Foto che la ritraggono sul set.

Come quella scattata insieme a Marcello Mastroianni, attore nel cast di “La Pelle” (1980) nelle vesti del capitano Malaparte e nel cast di “Oltre la porta” (1982) nei panni di Enrico, pellicola che indaga il sequestro d’amore.

Amica di Pasolini e di Bellocchio, le sue pellicole hanno fatto scalpore spezzando più volte la critica europea, animando dibattiti universitari e gruppi psicoanalisti freudiani. Inoltre è l’unica regista a cui la Princeton University Press (2000) ha dedicato un volume scritto dalla studiosa Gaetana Marrone.

Lei, regista carpigiana, Liliana Cavani.

«Le protagoniste dei miei film sono donne forti – dichiara la Cavani –. In genere esiste un protagonista e poi la donna. Nelle mie pellicole avviene il contrario perché esiste una donna consapevole, e poi un coprotagonista».

Le donne della Cavani sono spesso personaggi chiave del racconto, agiscono muovendo gli ingranaggi.

«Non ho mai avuto l’impressione di avere meno diritti degli uomini per il fatto di essere nata donna, non ho mai avuto questi sentimenti. Sono cresciuta in una famiglia emancipata con nonni socialisti veri, sposati in municipio nel 1917 e quindi in casa c’erano regole civili naturali. Non erano anticlericali, solo che la chiesa non c’entrava. Durante la mia formazione ho conosciuto anche persone molto credenti, persone meravigliose, che hanno contribuito a completare la mia visione, per cui non ho mai pensato ‘tu sei donna, è meglio che scegli dei progetti adatti’. Non l’ho mai pensato».

Film cult “Il portiere di notte” (1974).

 

Attraverso la relazione tra un’ex prigioniera di un campo di concentramento e un ex SS, la pellicola in 113 minuti (123 minuti nella versione originale) indaga l’effimero equilibrio tra bene e male, e lo fa con uno sguardo provocatorio, ambiguo e scomodo, spiazzando la critica italiana e riscontrando all’estero uno straordinario successo di pubblico.

Morando Morandini ne ‘Il Tempo’ recensendo il film scrive “Non ci si salva nemmeno con l’amore più impossibile”.

«Il film nasce in seguito a un documentario girato per la RAI “La donna della resistenza”. Rimasi colpita dalla risposta di un’intervistata che era sopravvissuta ad Auschwitz e mi raccontò di come, lì dentro, i confini tra bene e male non fossero così delineati. Mi disse anche di non poter dimenticare il passato, mentre tutti intorno le dicevano di farlo. Così è nata Lucia. Ama Max a suo modo, certo. Ma vuole punirlo e, per farlo, passa attraverso se stessa. Tra l’altro Charlotte Rampling è stata stupenda, ha interpretato il personaggio con una tale tensione ed energia… Nel film ci sono molti piano sequenza, il più lungo si trova più o meno a metà ed è la scena chiave di tutto il film: l’incontro tra i due amanti dopo la guerra. Max e Lucia si prendono, si spingono via e si riprendono ancora. I dialoghi sono pochissimi e la scena è tutta giocata sul corpo. Prima di girarla ho dato poche informazioni agli attori lasciando che vestissero i personaggi a modo loro, del resto è ciò che fanno i bravi attori. Di solito giriamo più di una scena per avere una riserva, invece quella volta no, Charlotte Rampling e Dirk Bogarde furono così intensi, soprattutto lei, che decidemmo di scommettere su quell’unico piano sequenza. E abbiamo avuto ragione».

 

Scrive Alberto Moravia: “Liliana Cavani dimostra di essere una rara artista italiana consapevole della caduta dell’Europa nella voragine sadomasochista del nazismo. E conferma […] la sua tematica di fondo decadente […] divisa tra l’affascinato orrore dell’autodistruzione di specie sessuale e l’altrettanto affascinata attrazione per l’esperienza ascetica”.

 

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