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#interviste. Debora Maida, la Pole Dance ai bambini: “Un modo per conoscere se stessi e relazionarsi con il mondo esterno”

Scritto da il 4 Agosto 2020

Forza, flessibilità, crescita e, perché no, anche gioco. La pole dance è uno sport adatto anche ai più piccoli, utile a sviluppare il proprio potenziale. Coordinazione, padronanza, consapevolezza di ogni singolo movimento. I bambini si divertono sul palo in modo estremamente libero, la pertica diventa una giostra sul quale arrampicarsi e vivere emozioni con la genuinità e l’entusiasmo che li contraddistingue.

A parlarci della sua esperienza con i più piccoli è Debora Maida, insegnante di Pole Dance a Modena, preparatrice atletica della nazionale di Pole Sport, coordinatrice delle competizioni nazionali CSEN Juniors pole dance, redattrice del regolamento del contest Juniores Pole Dance Championship, formatrice nazionale CSEN, formatrice ufficiale Fit Point Loop on the Pole che si rivolge agli insegnanti.

Una delle prime bimbe che Debora ha portato all’IPSF Pole Sport, Mondiale Internazionale tenuto a Londra, è stata Anna Giulia Aschei, di soli 10 anni. Lo scorso dicembre la sua allieva Sophia Battaglia di 11 anni si è classificata al primo posto al Pole Arte di Israele.

Hannah Giulia Aschei, 10 anni

 

Sophie Bastiglia, 11 anni

Prima di approfondire questo aspetto meraviglioso, conosciamo un po’ Debora Maida.

Ecco la nostra intervista

Dopo gli studi per diventare insegnante alla scuola materna – racconta Debora –, ho iniziato il percorso che desideravo fare da una vita, ovvero diventare insegnante di educazione fisica. Ormai sono più di 25 anni che lavoro nel mondo dello sport. Ho iniziato a insegnare diverse discipline ai bambini, dal nuoto alla ginnastica ritmica, soprattutto nelle scuole primarie e secondarie di primo grado con percorsi a progetto. Questo mi ha permesso di avere tantissima esperienza su diverse fasce di età, quindi l’approccio con la pole per me è divertentissimo perché conosco molto bene le risposte motorie di ogni singola età.

 

Quando ti sei avvicinata alla Pole Dance?

È successo circa dodici anni fa attraverso la visione di alcuni video su YouTube di alcune ballerine americane che volteggiavano sui pali. Guardandole ho riconosciuto i movimenti legati alla ginnastica ritmica e, quindi, ho trovato un collegamento con il mio background. Incuriosita ho cercato una scuola che potesse offrirmi la possibilità di provare la disciplina, così ho iniziato a sperimentare in una scuola di Milano.

 

Preferisci di più l’aspetto atletico o performativo? 

Amo tutti gli aspetti della Pole, sia quello atletico che performativo. Alleno moltissime persone, sia adulti che bambini, per gare sportive ma anche per eseguire routine artistiche in alcuni contest che prediligono l’aspetto performativo come, ad esempio, il Pole Art e il Pole Theatre.

La pole dance non è solo “attività al palo”, dietro ogni presa e ogni figura esiste un lavoro di studio specifico.

È vero, tutto quello che si vede eseguire sul palo ha una preparazione e uno studio molto lungo, magari anche di anni di allenamenti senza palo. Il corpo deve essere indirizzato per aumentare la forza e la flessibilità, si lavora soprattutto sulla coordinazione che porta ad avere confidenza con l’attrezzo così che alla fine il movimento possa risultare fluido.

 

Come hai detto prima, hai sempre insegnato ai bambini. Immagino sia affascinante vederli crescere insieme alla Pole Dance

Come facevo con la ginnastica ritmica, anche con la Pole propongo loro un percorso di crescita utilizzando degli attrezzi. È bellissimo vederli migliorare e diventare più forti e flessibili. È un percorso lungo, nel quale ovviamente i genitori devono credere in te perché i risultati si vedono solo con il tempo e la costanza, però fino ad oggi sono molto soddisfatta perché ho sempre incontrato genitori e bambini molto propositivi. Inoltre lo sport unisce, permette di fare nuove amicizie. Insegnare la Pole ai bambini è stato un po’ come un esperimento iniziato dieci anni fa. Ho notato che quando venivano in palestra guardavano il mio allenamento al palo con molta curiosità, così ho deciso di farli sperimentare. Propongo lezioni di Baby Gym dedicate, appunto, all’approccio con il palo, quindi già da 3 – 6 anni i bambini possono utilizzare il palo come strumento di gioco per conoscere se stessi e relazionarsi con il mondo esterno.

Sophie da Modena e Veronika da Roma. “Lo sport unisce, permette di fare nuove amicizie”

 

Immagino che i bambini riescano a sorprenderti molto imparando questa disciplina… Qual è la differenza sostanziale rispetto al modo in cui apprendono gli adulti?

I bambini ti sorprendono sicuramente, soprattutto perché si affidano a te come insegnante, si lasciano guidare, non hanno fretta di arrivare. Attraverso il gioco si ottengono tantissimi risultati e di conseguenza trovo che sia molto più semplice lavorare con loro. Insegno anche agli adulti, infatti ho preparato diversi atleti italiani per gareggiare sui palchi professionali e posso dirti che anche lavorare con loro è bello e interessante ma, ovviamente, si innescano altri meccanismi psicologici ai quali bisogna far fronte. L’adulto, a differenza del bambino, è formato e ti segue meno facilmente, quindi bisogna che si costruisca un rapporto di fiducia. Questo non solo nelle preparazioni agonistiche, la fiducia con l’adulto è alla base del rapporto insegnante allievo anche nell’ambito della palestra.

Spesso e volentieri l’adulto è distratto dai social, vede una figura particolare e vuole sperimentare. Faccio un esempio con le figure a testa in giù perché sono quelle che attirano molto l’attenzione e si desidera farle immediatamente. Io spiego all’adulto che prima bisogna preparare la muscolatura, che ogni figura ha bisogno di una determinata preparazione e quindi richiede tempo ma lui, ovviamente scettico, vuole raggiungere il suo obiettivo e quindi spesso cambia insegnante. Ma qualunque insegnante preparata dirà la stessa cosa. Dal loro punto di vista sembra quasi sia l’insegnante a non volerlo mettere a testa in giù. Io potrei pure sistemarlo sul palo a testa in giù, ma se fisicamente non è pronto a sostenere la figura né a entrarci da solo, quale senso avrebbe?

È vero che la pole rientra negli sport estremi? Data la difficoltà, alcune persone pensano che per i bambini sia uno sport eccessivo.

Non è uno sport estremo per i bambini, è molto associabile alla ginnastica artistica, di conseguenza serve molta preparazione fisica. Diventa estremo se ci si approccia alla Pole in modo negativo, se non si ascolta l’insegnante in una progressione didattica. È come se tu volessi iniziare un percorso di ginnastica artistica e provare immediatamente un Flic all’indietro piuttosto che un salto avanti senza mani, e lo trovo assurdo, quindi la Pole non è uno sport estremo, è alla portata di tutti ma tutto dipende da come viene presentata la disciplina.

 

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