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#interviste. Maria Furnari: “La Pole dance e’ un’arte e come tale deve essere libera”

Scritto da il 29 Luglio 2020

La prima cosa che vorrei chiedere a Maria Furnari, insegnante di Pole dance di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), è questa.

Quale paura o limite sei riuscita a superare con la pole dance?

“Non c’è mai stato un solo limite in particolare, almeno per me – risponde Maria riflettendoci un po’ – ma questo perché nella pole dance i limiti sono infiniti, il grado di difficoltà aumenta costantemente e si ha la voglia di spingersi sempre oltre. Mentre raggiungi un limite pensi già a quello successivo”.

La risposta di Maria Furnari mi fa riflettere.

Ci sono donne il cui primo limite è una verticale, magari hanno superato i quarant’anni e non si sono mai capovolte prima. Eppure, nel momento in cui riescono a rimanere in equilibrio a testa in giù, si sorprendono del fatto di non aver mai eseguito prima l’esercizio e comprendono che il limite più importante da superare non è quello del corpo ma quello della testa. Con gli allenamenti e l’impegno, infatti, il corpo si adatta e si modifica. Può capitare che per ottenere una buona flessibilità, per esempio della schiena, ci vorrà un po’ di più rispetto a un’altra persona ma con il tempo, la costanza e la sopportazione, si raggiunge qualunque obiettivo.

Maria Furnari ci racconta la sua esperienza.

Qual è stato il tuo traguardo più importante?

Il mio traguardo più importante continua ad essere quello di far ottenere obiettivi importanti soprattutto alle persone che non credono in se stessi, cercando di far amare questa disciplina. Se sono felici i miei allievi lo sono anch’io.

Cosa ti ha dato la pole dance a livello personale? 

Oltre che un inevitabile cambiamento fisico, ho acquisito un ottimo controllo delle emozioni, essendo anche insegnante ho dovuto imparare a gestirle, e dunque trasmettere sempre sicurezza, conforto ed entusiasmo durante le gare, prima e durante uno spettacolo, spesso anche in sala.

 

Come ti sei sentita la prima volta che hai danzato sul palo?

Felicissima! Ho provato lo stupore di una bimba che sale su una giostra e il senso di libertà selvaggia di chi si arrampica sugli alberi.

Parlami di questo scatto, a cosa ti sei agganciata?

(Sorride). Mi sono lanciata con la cinghia aerea. L’ho vista per caso in qualche raro video e ho voluto provare, non è ancora diffusa. Ho fatto studiare l’aggancio a un fabbro di fiducia che l’ha realizzato per me e poi ho inserito una cinghia cucita accuratamente da mia nonna.

È un esperimento, cerco di riportare le mie conoscenze di pole dance applicandole a questo attrezzo perché, per il momento, non c è un manuale o un codice da seguire, è tutto da scoprire e inventare.

Adesso vorrei introdurti un altro argomento.

In alcune realtà, ormai a causa dell’ignoranza o per via di vecchi retaggi culturali, persistono diversi tabù sul corpo. In passato ci hanno insegnato che il corpo della donna va nascosto per evitare di tentare l’uomo. E se oggi molti pregiudizi sono stati abbattuti, ne persistono altri un po’ più profondi su cui si continua a lottare. Nel nostro caso per esempio c’è ancora chi, ignorando l’emozionante mondo della pole dance, storce il naso quando si associa il palo a una madre o a un uomo. Qual è la tua opinione? Ti sei scontrata con alcuni pregiudizi lungo il tuo percorso?

Ricordo che un giorno ad una ragazza spiegai la differenza tra lap dance e pole dance e lei rispose che, qualunque fosse la mia spiegazione, ciò che vedeva rimaneva sempre un palo. Lo strumento la portava a un solo significato, ovvero oggetto proibito e necessariamente sinonimo di una danza che prevede uno spogliarello. Non riusciva proprio a vederlo diversamente. Questo per dirti che il pregiudizio può esserci a prescindere dal sesso e non è facile da eliminare. Poi, per quanto riguarda le battutine e i sorrisi maliziosi, in genere rispondo con ironia. Invece chi cerca un confronto perché ancora confuso, racconto le origini della pole dance, che non hanno nulla a che fare con i night club, e cerco di far capire che si tratta di un’attività fisica molto completa ed impegnativa. Alcune fonti riportano la pole dance al Nord America intorno agli anni 20 e la individuano nell’arte circense, altre fanno riferimento alla Mallakhamb, una pratica indiana che prevedeva l’utilizzo di una pertica di legno sulla quale uomini e bambini si arrampicavano ed effettuavano acrobazie. Non è ancora chiaro il luogo esatto ma in entrambi i casi nasce come gioco, come mezzo di divertimento. Poi negli anni ‘50 si diffonde la lap dance, la danza sensuale intorno al palo ma che può comunque essere fatta senza palo, come dice l’etimologia della parola. Oggi la pole è diventata un’attività fisica molto impegnativa che prevede grande forza, resistenza e flessibilità accompagnata da elementi coreografici.

 

Secondo te quale potrebbe essere il rapporto tra la pole dance e la femminilità?

Per me esiste solo il rapporto tra la pole dance e se stessi, poi ognuno sviluppa in modo individuale precisi aspetti di sé in base al proprio essere. Ormai esistono diversi stili come l’Exotic, contemporaneo, freestyle acrobatici…ogni individuo sceglie quello che meglio lo rispecchia e dove riesce ad esprimersi meglio. La pole dance è un arte e come tale deve essere libera.

Qual è il tuo messaggio?

Bisogna crederci davvero, ci vuole perseveranza e molta pazienza, ci saranno giorni in cui il nostro corpo risponderà male, altri giorni invece che ci stupirà. Quindi bisogna essere costanti e amare ciò che si fa.

 

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