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#memorie. Jacques-Yves Cousteau, spedizione Précontinent II: vivere sott’acqua senza bisogno di emergere

Scritto da il 11 Giugno 2020

Centodieci anni fa nasceva l’esploratore, navigatore e regista francese Jacques-Yves Cousteau. Era l’11 giugno del 1910 a Saint-André-de-Cubzac in Nuova Aquitania. Oggi Cousteau è una figura simbolica della natura e dell’esplorazione ammirata in tutto il mondo.

Grazie al suo lavoro, infatti, l’Europa ha potuto sbirciare sotto la superficie oceanica scoprendo il meraviglioso mondo sommerso e ha potuto assimilarlo grazie all’uso di un linguaggio semplice e comprensibile che causò all’esploratore diverse critiche dal mondo accademico. Un po’ come accadde a Galileo Galilei quando nei trattati scientifici utilizzò la lingua volgare fiorentina invece del latino ma ovviamente le conseguenze furono diverse.

Il linguaggio di Cousteau, definito divulgazionismo, venne ben presto apprezzato e utilizzato da altre discipline. Del resto questa è una delle caratteristiche di comprensione delle trasmissioni di contenuto scientifico. Linguaggio, storytelling ed effetti emozionali.

Per parlare della sua lunga carriera documentaristica e di ricerca non basterebbe un articolo. Per citare solo qualcosa, nel dopoguerra Cousteau descrisse in un libro le tecniche per lo sminamento nei porti francesi al fine di esplorare i relitti, nel 1953 vinse il Premio Oscar al Festival di Cannes con il documentario “Il mondo del silenzio”, ricevette la nomina di Presidenza delle Campagne oceanografiche francesi, insieme a Jean de Wouters sviluppò la “Calypso-Phot” una macchina fotografica subacquea poi brevettata dalla Nikon, creò un gruppo di ricerca sottomarina a Tolone e diventò Direttore del Museo oceanografico di Monaco.

Ma noi ci soffermiamo sull’affascinante spedizione del giugno 1963, di elevato interesse storico, denominata Conshelf Two o comunemente Précontinent II. L’esperimento iniziò il 15 giorno del ’63 e terminò il 23 luglio dello stesso anno.

La missione è stata documentata dallo stesso Cousteau nel famoso reportage “Una casa nel mare” apparso nel 1964 su National Geographic. Allo stesso anno risale il film Il mondo senza sole” vincitore del Premio Oscar al miglior documentario.

Nella meravigliosa località di Shab’ab Rumi, in Sudan, cinque studiosi vissero tre settimane a 10 metri di profondità e altri due a 25 respirando una miscela gassosa composta da elio, azoto e ossigeno. Gli oceonauti vennero tenuti sotto controllo da un medico e da un fisiologo: i risultati erano normali e anche l’umore era alto nonostante le tante difficoltà giornaliere.

I cinque sommozzatori vissero all’interno di una casa grande chiamata Starfish House per via della forma che ricordava quella di una stella marina. Al centro un salone pentagonale con la grande consolle elettrica, due bracci adibiti a camere da letto, un braccio dedicato ai bagni e all’accesso al mare e nel quarto braccio si trovava la cucina, il laboratorio e la camera oscura.

Oltre alla Starfisch House, il “villaggio sommerso” comprendeva altre tre strutture: il garage per il disco; il “riccio di mare” ovvero un prefabbricato finalizzato a stazione di servizio; l’Hanger per il deposito degli attrezzi.

Servirono 200 tonnellate di piombo solo per fissare l’Hanger, la Starfisch House e la cabina di profondità appoggiate sul fondo grazie a gambe telescopiche.

A -25 metri si trovava la “stazione profonda”, all’interno della quale vissero gli altri due oceonauti, Canoè e Portelatine.

Per posizionare i prefabbricati ci volle lo sforzo di tutto lo staff che per mesi lavorò giorno e notte mettendosi a dura prova e affrontando diversi incidenti: il cambio della corrente che causò l’affondamento della casa a -45 metri, il trasporto e l’utilizzo di un numero sufficiente di zavorre, l’urto molto brusco che comportò il crollo dell’Hangar rendendo necessario lo svuotamento dell’acqua e dei pesci in superficie.

Nelle vicinanze del villaggio sommerso venne ancorata la nave italiana Rosaldo dotata di grossi compressori e gruppi elettrogeni.

Oggi rimane il garage, il magazzino degli attrezzi e l’acquario dei pesci nel quale venivano rinchiuse le diverse specie destinate all’acquario di Monaco.

La spedizione precedente al Précontinent II, Conshelf One, risale al settembre del 1962 ed ebbe luogo nei fondali della Marsiglia a -10.50 metri. Lì venne depositato un cilindro di due metri e mezzo dentro il quale vissero due sommozzatori che riuscirono a immergersi a -26 metri di profondità. L’esperimento durò una settimana.

Con Precontinent II Costeau ha dimostrato all’umanità che l’uomo può sopravvivere sotto i fondali marini senza bisogno di emergere.

 

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Ph dal web. Omaggio allo studioso Cousteau. La statua è stata immersa nel 2004 a 12 metri sotto la superficie dell’acqua sul sito del “Jardin de Corail”.


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