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Women’s Flowers. Quei casi psicoanalizzabili

Scritto da il 3 Dicembre 2019

È vero. Non tutti gli uomini sono violenti come non tutte le donne sono bionde. Poi però succede di sentirsi dire Sei una donna con le palle. E allora ti si aprono porticati su quanto la discriminazione sia molto profonda. Possiamo scegliere di non vederla e fingere che non esistano tutte quelle parole che, declinate al femminile, ammiccano al sesso. Possiamo fingere, appunto.

Il monologo sulla violenza delle parole di Paola Cortellesi non lascia dubbi.

L’accezione sociale della violenza esiste, è subdola e perfettamente inglobata nelle azioni e nei linguaggi comuni, anche nelle donne.

È vero, non tutti gli uomini applicano la forza per piegare l’altro: l’ONU dice che una donna su tre ha subito violenza almeno una volta nella vita.

In Italia sono 6 milioni le donne vittime di violenza. Per dare un’immagine concreta, Roberto Saviano ricorda che il Lazio e la Campania hanno rispettivamente 5 MILIONI E 800 MILA abitanti.

Ogni anno nel mondo vengo uccise 50 MILA donne. È ancora Saviano a concretizzare l’immagine.

“Lo Stadio San Paolo contiene 54 MILA POSTI. Immaginate lo Stadio San Paolo completamente pieno. Ogni anno quello è il numero di donne che vengono ammazzate”.

Si possono rintracciare diramazioni diverse ma la radice più importante si è subdolamente radicata in società.

Inutile parlarvi di Franca Rame “punita da donna” come è inutile portare alla luce tutti quei casi di violenza che si consumano accanto a noi, nel nostro hinterland.

Quindi è vero che non tutti gli uomini sono violenti. Non tutti, ma una parta sì.

Questa è la storia di Sergio, un caso di violenza psicoanalizzabile.

Trentanove anni, affascinante docente di matematica. L’ordine e le regole sono sempre state una costante, armonizzano l’impatto con la vita. Nel cortile dell’Università incontra Helena. Pelle di pesca, capelli perfetti e nello sguardo una luce di poesia e di equilibrio. Considera il sorriso di Helena la misura che separa il Sergio di una volta, quello bullizzato a scuola e imbranato con le donne, con il Sergio del presente. Si informa con i docenti e scopre che Helena ha trent’anni ed è fuori corso, frequenta l’Università molto poco, tutto il giorno vende materassi guadagnando sulle percentuali. Si scontrano in corridoio. Si salutano. Parlano. Il giorno dopo Sergio la invita a cena. Le prende la mano. Si baciano. Le labbra di Helena gli ricordano quelle altoborghesi della madre. Non sa se ciò che prova sia amore, però si avvicina tantissimo. Tutto è perfetto. Tranne alcune sfumature. Gli studi fuori corso e la gonna arcobaleno di Helena. Sergio pensa che con un tubino color nocciola starebbe meglio. Glielo regala per Natale. Lei è felice ma le gonne arcobaleno non scompaiono. Sergio le odia, lo mettono a disagio. Tutto ciò che ha costruito è minacciato dai colori sfrontati. Disordini cromatici. Inizia a dirle che le stanno male, che la fanno brutta. Lo fa anche in pubblico, a voce alta. Non è da lui. Helena pranza con i gomiti sul tavolo e nella doccia canta ad alta voce. Sergio se ne accorge la volta che la ospita in casa. Il disordine lo disorienta. Ingoia. Spezza la penna. Si scopre a disprezzare i comportamenti imprevedibili e fuori dagli schemi. Pensa siano vecchi retaggi da educare. Le chiede di convivere. Hanno la domestica, lei può studiare e smettere di lavorare. Può laurearsi. Helena indossa tailleur e in pubblico segue i consigli di Sergio. Ogni tanto canta più forte del solito e in casa indossa le gonne colorate. Ne indossa una blu a riquadri verdi e gialli la sera della cena con il Rettore e la moglie. A tavola parla di Coez e non di Rossini come gli altri. Sergio si sente soffocare e arrivano le vertigini. Come quando ti sporgi da un luogo molto alto e vedi cadere il portafogli con tutti i documenti, le banconote, le carte di credito, le password di accesso, le chiavi dell’auto. Trattiene tutto bevendo sorsi di vino. Più tardi parla di rispettabilità e di punizione. Schiaffeggia Helena. Lei piange ma lui, quei suoni, proprio non li sopporta. La sua reputazione è la sua identità. Le tappa la bocca e la prende a calci per spegnere i rumori. Poi passa tutto e il post adrenalina lo svuota. La raccoglie dal pavimento mettendola sul letto. Si scusa. Piange. Non si riconosce. L’indomani Helena vuole andare via ma Sergio rivede lo sguardo schivo della madre e ricorda il giorno in cui lei prese una valigia e lo lasciò solo con il nonno. Allora la prende per i capelli e la sbatte contro il muro. Lei è l’errore nella sua equazione perfetta, ma senza di lei non c’è equazione.

Il racconto non intende creare un’apologia dell’uomo violento né giustificare le azioni del presente.

Per eliminare la violenza si dovrebbe lavorare anche sull’uomo. Creare sportelli di ascolto per loro e fare incontri anche di gruppo affinché gli uomini che manifestano accenni di violenza possano elaborare affrontando un profondo percorso personale.

È necessario legittimare la donna come individuo a sé e non come la metà di qualcosa da completare, non come un oggetto da prendere, ed è importante epurare la virilità o qualunque aspetto del maschile dall’applicazione della forza.

Quindi sì agli sportelli di ascolto per donne che hanno subito violenza mettendole sulle via dell’elaborazione e della guarigione dal senso di colpa, sì anche ad attività dirette alla fonte.

La campagna di sensibilizzazione sarà poco visibile ma attiva sempre.

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