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Crema. Donna si dà fuoco e muore, i passanti la filmano. Cosa siamo diventati?

Scritto da il 3 Agosto 2020

Crema. Sono le 13 del primo sabato di agosto, la campagna rovente di Ombriano, alle porte di Crema: una donna, con problemi psichici, sola in un campo, davanti un ristorante, si cosparge con un liquido e si dà fuoco. Un uomo, di passaggio in auto con la moglie, vede tutto: inchioda, scende di corsa e prova a spegnere le fiamme con la prima cosa che trova, un asciugamano da palestra. E’ l’unico a cercare di fare qualcosa: mentre la donna brucia, altri dal parcheggio riprendono la scena con il telefonino. Si avvicineranno solo dopo, quando non c’era più nulla da fare, si suppone per mera curiosità.

Sconvolto dalla tragedia e dall’indifferenza dei presenti, il soccorritore scrive al sindaco di Crema, Stefania Bonaldi che pubblica il racconto “agghiacciante” e si chiede “cosa siamo diventati?”. “Una donna poco fa, al campo del Mezzo si è data fuoco – spiega l’uomo – Mentre passavo con mia moglie sono sceso subito dall’auto e ho cercato di spegnere quello che potevo con un asciugamano da palestra. La signora bruciava nel campo di fronte e io ero l’unico che cercava di fare qualcosa. In compenso una ventina di persone con il telefonino, che riprendevano la scena”.

Non trovo risposte alla vicenda, ma ho piena certezza della ingiustificabilità del comportamento messo in atto da quegli spettatori indefinibili. Mi porrò solo una sfilza di domande.

A me l’indifferenza fa paura e mi fa ancora più paura pensare che decenni fa si guardava al futuro con ammirazione, con quell’attesa di un 2020 che potesse regalarci le auto volanti. Invece siamo una massa di robot che vive una vita dalla durata precaria, giusto il tempo di una batteria, che si nutre tramite un filo neanche troppo lungo e che vende la propria anima, anzi se ne disfa. Mi chiedo: pensavano fosse cosa? Una nuova trovata per un post, un video da caricare su YouTube? Possibile che la società sia svuotata a tal punto da non fare neanche un tentativo per salvare una vita? Cosa pesa di più, qualche follower di gloria o una vita salvata? Provo solo per un attimo ad immedesimarmi nella mente degli spettatori, anche se la cosa mi fa ribrezzo. Non credo sia difficile ipotizzare che prima di incamminarsi in veste di curiosi si siano assicurati che il video posse caricato per bene sui social, con i giusti hashtag di accompagnamento. Di cosa ci meravigliamo? Di una società che vive di apparenza? Che trova refrigerio in un like e che lavora duramente per una novità che qualche minuto più tardi sarà già in balia di imitatori esasperanti?

La Sindaca di Crema ha così commentato la vicenda: “Se gli spettatori di questa tragedia hanno avuto la freddezza di prendere il telefonino ed immortalare la scena, anziché correre in aiuto o chiamare i soccorsi, allora dobbiamo farci delle domande. Serie e molto, molto urgenti”.

Non siamo una bella società, peggioriamo ora dopo ora. Rispondiamo ad algoritmi come fossero beni di prima necessità, ma prima che il sistema ci assorba del tutto, non sarebbe un errore se ricaricassimo anche solo una tacca di lucidità. A social chiuso resta la vita vera e c’è chi la vita l’ha lasciata per sempre sotto gli occhi di chi preferisce tentare la via del successo pur di non “macchiarsi” di gesta eroiche. Riflettiamo.

 


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